Francesca e Maddalena.
Adolescenti pronte a sbocciare, energia sotto pelle e voglia di far sentire la propria voce, opposti che si attraggono e si compensano, voglia di sentirsi vive in un’epoca in cui la guerra appesantisce l’aria di morte e paura. Tutto questo è “La Malnata”, opera d’esordio della giovane scrittrice Beatrice Salvioni e caso letterario tradotto in 32 paesi.
Monza, 1936. Siamo in piena epoca fascista, tutto è entusiasmo, speranza ma anche timore di esprimersi liberamente, conformismo, regole onnipresenti, onore e decoro. Le due giovani non potrebbero essere più diverse: Francesca, figlia della media borghesia, rispettabile e benpensante e Maddalena, “La Malnata”, appellativo per accusarla di far accadere brutte cose a chiunque gli stia intorno, la piccola reietta del paese cresciuta in una famiglia povera.
Le due ragazze si troveranno per caso ma il loro legame è forte e istintivo sin da subito. La Malnata è fiera e intelligente, lucida nel suo leggere gli eventi quotidiani del paese e svelarne la verità cruda anche a chi non ha voglia di ascoltarla. Il loro rapporto squarcerà ogni certezza di Francesca, cresciuta secondo regole definite, in cui soprattutto il ruolo femminile è legato al concetto di docilità e sottomissione.
Fra cieli plumbei e il lento scorrere del fiume Ambro, mentre si staglia l’orrore della guerra in Etiopia, l’amicizia di Francesca e Maddalena diventerà una tappa fondamentale nella conoscenza di sé e nello scoprire il valore di gridare la propria disobbedienza.
La Salvioni ci regala una storia matura e coraggiosa, creando due splendide figure femminili che si vanno ad aggiungere agli ormai mitici personaggi della Ferrante, Ardone, Di Pietrantonio.
Silvia, libraia Giunti al Punto Catanzaro
Forse significava questo, essere grande e donna: non era il sangue che veniva una volta al mese, non erano i commenti degli uomini o i bei vestiti. Era incontrare gli occhi di un uomo che ti diceva “Sei mia” e rispondergli: “Io non sono di nessuno”.